Migranti, un fenomeno sempre più al femminile. Con quali implicazioni sanitarie?


immagine donne straniereARS NEWS - 08/03/2013
In tutto il mondo i flussi migratori interessano in maniera sempre più massiccia l’universo femminile.  Anche in Italia, mentre all’inizio degli anni ’90 le donne straniere non raggiungevano le 300 mila unità, alla fine del 2010 le donne residenti con nazionalità straniera superano i  2 milioni e 300 mila, cioè il 51,8% del totale degli stranieri (dati Dossier Caritas/Migrantes 2012).

Immigrazione femminile in Italia: alcune caratteristiche socio-demografiche
Le donne sono presenti in misura maggiore tra gli immigrati dell’Est Europa, dell’Ex-Unione Sovietica e del Brasile (dove raggiungono fino al 70% del totale).  Risiedono soprattutto al  Nord (64%) e al Centro (22%), e lavorano nel settore dei servizi come collaboratrici domestiche o assistenti domiciliari. I  ricongiungimenti familiari rimangono la prima causa dell’immigrazione femminile (in particolare per le donne provenienti da Asia ed Africa). Sono comunque sempre di più le donne straniere cosiddette “primomigranti” (breadwinner o “apripista”), che arrivano da sole in Italia e attivano a loro volta catene migratorie al femminile o familiari, oppure si assumono l’onere di inviare rimesse economiche per sostenere la famiglia nel paese di origine. Di particolare rilievo anche la presenza delle donne rifugiate o richiedenti asilo o delle vittime della tratta e dello sfruttamento della prostituzione, che presentano profili di vulnerabilità  legati alla loro esperienza migratoria.

Implicazioni sanitarie: quadro generale italiano su salute riproduttiva e materno-infantile delle immigrate
Il processo di femminilizzazione dei flussi migratori e la conseguente concentrazione di donne in età fertile portano in primo piano le questioni sanitarie, in particolare quella della salute riproduttiva e materno-infantile.
Con una media di 2,13 figli ciascuna, le donne straniere contribuiscono in modo significativo a invertire il trend del calo demografico della popolazione italiana. Aumenta quindi sempre più l’attenzione per la tutela della maternità tra le immigrate che partoriscono in Italia. Le immigrate hanno infatti maggiore difficoltà a fruire dei servizi a disposizione nel percorso nascita e a cogliere le opportunità di salute e assistenza nel periodo della gravidanza e del post-partum, nonostante facciano riferimento al consultorio più che le donne italiane. Le immigrate fanno anche maggior ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). Questo mette in luce la necessità di promuovere informazioni e servizi che siano di supporto alle donne straniere nelle scelte di procreazione consapevole, data le difficoltà che queste incontrano nell’orientarsi e nell’utilizzare correttamente la contraccezione. Per una reale inclusione sociale delle donne immigrate i servizi e le politiche sono quindi chiamati a impegnarsi a rafforzare l’intero ambito della salute riproduttiva e della prevenzione.  

Alcuni dati su salute riproduttiva e materno-infantile delle immigrate in Toscana
In Toscana nel 2011 i parti da donne straniere raggiungono il 26,1% del totale:  il numero in 10 anni è più che raddoppiato (erano 3.473 nel 2001 e sono arrivati a 8.267 nel 2011). Il 95,6% delle madri straniere proviene dai paesi a forte pressione migratoria (straniere PFPM). Rispetto a quelle italiane, le madri straniere PFPM sono più giovani (hanno un’età media di 28,2 anni contro i 33,2 delle italiane), sono meno scolarizzate (il 56,1% di loro ha al massimo la licenza media inferiore, rispetto al 19,1% delle italiane) ed  una buona proporzione di loro non è alla prima gravidanza (46,6% rispetto al 55,2% delle italiane).
In Toscana le donne straniere in gravidanza sono seguite nel 66% dei casi dai consultori.  E’ migliorato il quadro della loro assistenza in gravidanza: la percentuale delle straniere PFPM che effettuano la prima visita dopo la 12a settimana  è scesa al 4,0%, mentre “solo” il 3,4% non effettua alcuna visita. Anche la percentuale delle donne straniere PFPM che esegue meno delle tre ecografie previste gratuitamente dal protocollo regionale è scesa al 17,8%, quota comunque ancora considerevole. L’analisi degli esiti del parto evidenzia un maggior rischio di dare alla luce neonati prematuri, rischio che riguarda però solo alcune etnie. Infine, risulta un  maggior rischio di aborti volontari tra la popolazione straniera: le  interruzioni volontarie di gravidanza in Toscana riguardano nel 2011 per il 44% le donne straniere, che presentano un tasso di abortività quadruplo rispetto a quello delle donne italiane.


Per approfondire
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