Lotta alla sepsi: pubblicato il documento di indirizzo regionale

Il documento è stato curato dal gruppo regionale Programma di lotta alla sepsi


11/3/2019
Il documento Lotta alla Sepsi > Call to Action ha lo scopo di dare un riferimento organico ai progetti di miglioramento di qualità e sicurezza delle cure nel sistema sanitario.

La sepsi è una sindrome difficile da diagnosticare. In maniera simile ad altre patologie tempo dipendenti sappiamo che un intervento precoce ed una corretta gestione clinico-assistenziale riducono gli esiti di mortalità. Differentemente da altre patologie tempo dipendenti la sepsi porta incertezza nella diagnosi e nella presa di decisione in merito al percorso appropriato.

La sepsi è stata recentemente ridefinita. La nuova definizione, basata su una casistica di portata globale, estrapola la diagnosi di sepsi da uno schema evolutivo graduale e la colloca nel dominio dell'incertezza e della dipendenza dal tempo. Per identificare e trattare la sepsi serve molta attenzione in poco tempo: da una a tre ore.

Quando si ha a che fare con il sospetto di sepsi, i clinici cercano le condizioni alla base dell'espressione della sepsi. La prima è l'infezione. Non può esserci sepsi senza infezione. In secondo luogo, cercano i criteri di risposta infiammatoria sistemica (SIRS), che suggeriscono una risposta normale dell'ospite all'infezione. Per confermare il rischio di sepsi cercano quindi l’insufficienza organica e nel frattempo iniziano i trattamenti.

La sepsi a differenza di altre patologie tempo dipendenti non è manifesta e non va a colpire un organo specifico. Può colpirli tutti. Non esiste quindi una disciplina, un percorso, uno specialista, un reparto o un ospedale più capace o più esposto di altri. Ogni operaratore sanitario è chiamato in causa. E’ necessario essere consapevoli dei rischi, delle strategie di contenimento e di trattamento da mettere in atto attingendo a competenze professionali individuali, di gruppo e di organizzazione; e soprattutto serve consapevolezza.

Nel capitolo 1 del documento viene mostrato il rapporto fra sepsi ed infezioni e il valore della conoscenza dei fattori di rischio che ci espongono all’infezione. E’ importante mettere a fuoco, sia nella storia clinica del paziente che nei comportamenti delle strutture sanitarie, le occasioni in cui sono venute meno le barriere che difendono i pazienti e cittadini dall’infezione. La riduzione delle barriere che usiamo per difenderci dall’infezione si configura come fattore di rischio da considerare. E’ importante sapere se la funzione del sistema immunitario del paziente è ridotta (età superiore a 65, recente intervento chirurgico, trattamento immunosoppressivo) se il patogeno è un germe multiresistente, se le infezioni sono da mettere in relazione ad un attacco protratto alle nostre difese immunitarie (influenza), ad una gravidanza o ad una recente procedura invasiva. O se il paziente è colonizzato, ad esempio in seguito ad una degenza in una stuttura con un alto tasso di infezioni correlate all’assistenza.

La presenza di fattori di rischio da sola non è un pericolo per la salute. Medici ed infermieri devono essere capaci di capire quando a questi fattori si associano altri segni di allerta che fanno capire lo stato di gravità eventualmente riconducibile alla sepsi.

I criteri clinici di SIRS sono considerati un segno di allerta da rilevare con attenzione, insieme ad altri indicatori di gravità organizzati in score come il qSOFA - da usare al triage e nell’emergenza territoriale – e il NEWS - da usare per il monitoraggio del deterioramento nei reparti in integrazione con l’emergenza intraospedaliera. A questo si aggiunge il MEOWS, scala per il deterioramamento nell’area ostetrico-ginecologica. Fino ad arrivare al SOFA scala a punteggio per la valutazione dell’insufficienza organica.

Tutti sono strumenti che se integrati nell’operatività quotidiana diventano euristiche, ovvero supporti che aiutano gli operatori sanitari nella diagnosi di sepsi e  nell'individuazione del danno d’organo e della causa infettiva. Il tempo è prezioso e sulla base del sospetto è necessario impostare un trattamento con antibiotici e fluidi il più possibile tarato sulle caratteristiche del paziente.


Il capitolo 2 illustra come oltre ai fattori di rischio e ai segni di allerta deve esistere un’organizzazione, un percorso, che vede, nella capacità di individuare il bersaglio nel più breve tempo possibile, il proprio scopo. 

Qui il ruolo della microbiologia clinica è fondamentale. La terapia antibiotica ad ampio spettro è di copertura e permette di guadagnare il tempo che deve essere speso per evitare i danni collaterali di una terapia generica o eccessivamente protratta e per individuare il patogeno responsabile, colpirlo con efficacia e curare così il paziente. Tutto ciò implica un sistema sanitario che lotta in maniera integrata con una malattia che vince perché disgrega l’organismo e le sua tenuta organica. Ecco perché gran parte del documento include elementi presi dalla disciplina dei fattori umani: per facilitare, nelle organizzazioni sanitarie, la nascita di forme di attività integrate a ponte fra professionisti e reparti. Serve un modo comune di impostare il problema – cosa che questo documento propone – e servono delle attività ben progettate nel contesto operativo. Clinici, microbiologi e infettivologi, chirurghi, ostetriche e ginecologi, emergenza territoriale, pronto soccorso, medicina generale e soprattutto medici con infermieri necessitano di maggiore integrazione per curare i pazienti colpiti da sepsi.


In questa ottica sono da interpretare le indicazioni pratiche al trattamento fornite nel  capitolo 3. I sepsis six – i sei della sepsi – sono tre azioni diagnostiche e tre azioni terapeutiche contestualizzate all’interno di una organizzazione sanitaria che utilizza i fattori di rischio ed i segni di allerta per orientare il percorso del paziente con sospetto di sepsi o con diagnosi di sepsi. Viene ribadita l’importanza della terapia antibiotica e della somministrazione di fluidi entro la prima ora per i casi di shock settico. Nei pazienti con sospetto di sepsi l’obiettivo è quello di avviare la terapia antibiotica immediatamente, ma con l’impegno di tutti gli operatori di ridurla alla minor durata mantendo tutti i margini di sicurezza e i maggiori benefici possibili. Inoltre è assolutamente necessario rivalutare precocemente la risposta ai fluidi allo scopo di fornire la terapia adeguata. Le attuali linee guida raccomandano di usare le variabili dinamiche per anticipare i rischi della risposta ai fluidi. Inoltre la diagnosi anatomica specifica di infezione richiede il controllo della sorgente emergente, in modo che sia identificata o esclusa il più rapidamente possibile in pazienti con sepsi o shock settico. Qualsiasi intervento di controllo della fonte richiesto deve essere  implementato non appena clinicamente e logisticamente praticabile dopo la diagnosi. In questa ottica è necessaria una fattiva collaborazione fra reparti di degenza , DEU, chirurgia e radiologia interventistica. Sono molti i casi in cui la fonte dell’infezione deve essere trattata chirurgicamente. Il documento definisce delle condizioni perché l’organizzazione sia in grado di attuare un efficace source control.

Le azioni del CALL TO ACTION
1. Il percorso da casa del paziente al DEA (MMG – emergenza territoriale – DEA)
2. Il percorso nell’ospedale (PDTA di presidio)
3. La consapevolezza attraverso la medicina di base
4. Focus su comunicazione, microbiologia clinica e accesso a diagnostica rapida
5. Il controllo e la gestione chirurgica della fonte infettiva.

Per riuscire nella lotta alla sepsi servono molte cose per le quali come operatori sanitari dobbiamo lavorare. La prima è la consapevolezza della sindrome, della sua gravità e della sua imprevedibilità. La seconda è l’impegno su azioni concrete. Il gruppo di lotta alla sepsi individua 5 azioni prioritarie.

Il gruppo regionale Programma di lotta alla sepsi



Per approfondire

Vai alla pagina web del documento di indirizzo Lotta alla Sepsi > Call to Action