L’ARS per l’anticorruzione possibile. Il Decalogo per la sanità italiana

Il decalogo è curato da Ispe-Sanità e @Spazioetico


18/6/2018
C’è anche un po' di ARS ne L’anticorruzione possibile. Un Decalogo per la Sanità italiana, il documento a cura di Ispe-Sanità (Istituto per la promozione dell'etica in Sanità) e @Spazioetico, presentato il 6 giugno al convegno "L'etica e l'arte della manutenzione del Ssn. L'Anticorruzione possibile: entriamo nel merito", tenutosi presso la sede della Camera di commercio di Roma.

Il documento si fa portatore di 10 proposte o direzioni di lavoro, a legislazione vigente, per migliorare l’efficacia dell’attività anticorruzione in sanità. Si tratta di dieci proposte fortemente operative, a cui sono associati altrettanti LEA, intesi, in questo caso, come Livelli essenziali di anticorruzione, standard che devono essere assicurati per garantire il raggiungimento di un determinato obiettivo di prevenzione della corruzione.

Ecco quindi l’enunciazione sintetica dei dieci punti. Per quando riguarda i rispettivi LEA (ovvero cosa si può fare in merito, a legislazione vigente) si rimanda invece alla lettura del documento.

1. LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E’ UN CHIARO OBIETTIVO DI MANDATO POLITICO
Se l’intera governance aziendale non viene, in qualche modo, “positivamente inquinata” da obiettivi consapevolmente posti dalla leadership politica, la strategia di prevenzione della corruzione non uscirà mai dallo “stallo” dell’adempimento burocratico.

2. UN UNICO SISTEMA DI CONTROLLO INTERNO
Occorre cioè combinare le previsioni normative sui controlli interni (dal D.Lgs. 286/99, D.Lgs. 150/2009, D.Lgs. 165/2001, ecc.) con le elaborazioni scientifiche ed i modelli organizzativi che le scienze aziendalistiche hanno contribuito a diffondere negli ultimi decenni: si pensi al CO.S.O. Report (2004) o all'Enterprise Risk Management (ERM 2014), che offrono utili indicazioni di metodo e contenuto per strutturare controlli di processo ed organizzativi fondati sull’apprezzamento del rischio. La gestione del rischio corruttivo, inteso come rischio da cattiva-amministrazione, ne costituisce parte integrante, accanto ai rischi amministrativo, finanziario, contabile, di compliance, reputazionale, ecc.

3. RETI DI RESPONSABILI DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE PER CONTRASTARE L’ISOLAMENTO E SVILUPPARE COMPETENZE E BUONE PRASSI
Le “3 C”, Chiedere, Condividere e Comunicare, sono le azioni che contraddistinguono un approccio di rete sistemico ai temi della prevenzione della corruzione in sanità. Con il supporto di una rete, per gli RPC è più facile chiedere il riconoscimento del valore delle proprie funzioni all’Azienda di appartenenza, nonché la rappresentanza esterna verso le istituzioni ed i soggetti interessati. La rete diventa altresì il luogo dove condividere i metodi e gli strumenti di lavoro, le buone pratiche e gli atteggiamenti etici più opportuni, consentendo di elaborare gli “standard di risposta” più adatti ai requisiti normativi nella predisposizione della modulistica, nella metodologia di definizione dei Piani triennali, nella definizione dei criteri di valutazione dei rischi e nella predisposizione delle misure preventive. Infine, la rete facilita la possibilità di comunicare verso le controparti istituzionali e verso la società civile le proposte e i problemi emersi dal confronto tra i partecipanti, dando rilevanza alle istanze e potenziando il ruolo della rete come referente istituzionale per i temi sull’anticorruzione in sanità.

4. IL “FENOMENO” CORRUZIONE: QUESTO SCONOSCIUTO
Gli elementi alla base della dinamica corruttiva sono spesso sconosciuti non solo agli agenti pubblici in generale, ma anche a chi ha la responsabilità di realizzare una valutazione del rischio corruttivo nelle organizzazioni del SSN.
Esistono specifici fattori di rischi che incrementano la vulnerabilità del processo organizzativo, come la non corretta allocazione delle risorse umane, la carenza di competenze, i controlli inefficaci, la scarsa chiarezza delle regole, i monopoli interni etc… Sarebbe opportuna la diffusione dei sistemi di gestione UNI ISO 37001:2016, finalizzati al controllo del rischio di corruzione dal punto di vista organizzativo.

5. LA GESTIONE DEL CONFLITTO DI INTERESSI: PIÙ CULTURA E “GOVERNANCE”, MENO MODULI
È sbagliato attribuire ai professionisti che sviluppano o mantengono reti di relazioni e promuovano collegamenti di interessi autonomamente da quelli promossi dall’Azienda pubblica, il marchio di “criminale”. A patto che tali interessi siano fatti emergere e, nei casi in cui dovessero risultare potenzialmente confliggenti con l’interesse primario dell’Azienda pubblica, siano gestiti attraverso condotte predeterminate e trasparenti.

6. COMBINARE COMPLIANCE + ETICA: VERSO UNA FORMAZIONE “COMPL+ETICA”
Si tratta di combinare l’approccio basato sulle regole, sui controlli e sulla compliance aziendale con un approccio basato sulla responsabilità individuale degli agenti pubblici, sul sistema di valori che li guida, e in generale sulla piena consapevolezza del ruolo di “agente pubblico”.

7. WHISTLEBLOWING. APPLICHIAMO GLI STANDARD DELLA NUOVA DIRETTIVA EUROPEA
Se da una parte la Comunità europea ha proposto una nuova direttiva per rafforzare la protezione dei whistleblower, dall’altra l’Italia ha adottato, a fine 2017, una legge organica sulla materia. Molti degli standard prevedono un intervento di carattere legislativo da parte del Parlamento e del Governo nazionale, mentre alcuni standard possono essere applicati a livello della singola organizzazione del SSN.

8. TRASPARENZA, COMUNICAZIONE, REPUTAZIONE
Occorre migliorare la qualità dell’interazione con i professionisti dell’informazione, media e giornalisti in particolare, al fine di alimentare un dibattito pubblico che si fondi su informazioni certe e qualificate e non su opinioni e commenti spesso viziati da atteggiamenti ideologici verso la categoria dei dipendenti pubblici. «Ci vogliono vent’anni per costruire una reputazione e cinque minuti per rovinarla. Se pensi a questo, farai le cose in modo diverso», affermava Warren Buffett. La reputazione va difesa attraverso un atteggiamento di consapevolezza e professionalità che garantisca la massima trasparenza e apertura.

9. MENO REGOLE DI CONDOTTA, PIÙ RESPONSABILITÀ E PARTECIPAZIONE
«A code is nothing, coding is everything», disse Muel Kaptein nel 1998, uno dei massimi esperti in codici di comportamento/codici etici. La condivisione di una regola significa che per un particolare contesto e per il tempo necessario si decide (insieme) che è opportuno adottare uno specifico comportamento (invece che altri), in ragione del fatto che quel comportamento viene largamente condiviso dalla maggioranza di coloro che lo dovranno osservare e far osservare. Per questo il processo di determinazione non può prescindere dal coinvolgimento degli attori interni all’organizzazione che decide di adottare quella regola.

10. LEADERSHIP ETICA, OVVERO QUALITÀ DELLA FUNZIONE DIRIGENZIALE
La leadership etica si realizza adottando una serie di comportamenti:
  • la responsabilità di fissare le regole, di farle conoscere ai dipendenti e di integrarle laddove possibile
  • una condotta in linea con le regole fissate attraverso azioni individuali e relazioni interpersonali
  • la promozione di tale condotta presso i dipendenti attraverso una comunicazione bidirezionale volta a far emergere eventuali dilemmi etici
  • l’utilizzo responsabile di rinforzi positivi e negativi
  • il costante riferimento alle implicazioni derivanti dai processi decisionali